A partire dagli anni ‘80 si è cominciato a parlare di bullismo in ambito scolastico per descrivere un certo tipo di comportamento impregnato di violenza (verbale o fisica) da parte di alcuni studenti nei confronti di altri.
La parola bullismo deriva dall’inglese ‘Bull’ ossia toro; si riferisce al comportamento minaccioso (e, in seguito, spesso aggressivo) nei confronti di un intruso nel territorio del toro stesso e da “bully” che indica è una persona che usa la propria forza o potere per intimorire una persona più debole.
Il Bullo è colui che in modo intenzionale e persistente/ ripetitivo usa la propria forza o la propria posizione di superiorità per fare del male a qualcun altro in modo fisico, verbale o psicologico. E’ un ragazzo o un bambino che prende di mira un coetaneo e ogni giorno, per lungo tempo lo “bullizza”, cioè mette in atto nei suoi confronti violenze di vario genere alle quali non riesce a difendersi.
L’aggressività finalizzata ad ottenere potere, tipica del fenomeno del bullismo, è caratterizzata da alcune dinamiche relazionali con amici e compagni di classe. Essi possono partecipare all’aggressione, rinforzarla indirettamente fornendo al bullo l’ammirazione sociale desiderata oppure, sollevati dal non essere per una volta le loro vittime, guardarsi bene dall’intervenire, rimanendo defilati ad osservare da lontano lo svolgersi della situazione. Il bullo è un punto di riferimento per i compagni. Spesso il bullo è molto cercato dai compagni, che trovano in lui un punto di riferimento forte, in grado di farli brillare a loro volta, anche se solo di luce riflessa.